La catechesi di Fausto Negri del 10 maggio 2009
(1 Cor 13,4)

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PARROCCHIA S.GIUSEPPE LAVORATORE                                                      10 Maggio 2009

Gli ingredienti dell’amore (parte IIª)

- 1 Cor 13,4 -

5- AMARSI CON TENEREZZA: L’amore non manca di rispetto 

L’amore non manca mai di rispetto. Nella lettera a Tito San Paolo afferma che in Gesù Cristo si sono manifestate a noi la grazia e la tenerezza di Dio, che generano rapporti nuovi tra le persone (Tt 3,4).

Rispettare significa disponibilità ad accogliere l’altro e non ignorarlo; capacità di sguardo (dal latino “respicere”), di ascolto, di considerazione…

Il rispetto riguarda tutto il mondo dell’altro, tutta la sua persona; cioè il suo corpo, le sue cose, le sue idee, i suoi ritmi, le sue scelte…

Rispettare è qualcosa di più che considerare. Significa riconoscere il valore, la bellezza; il prendere sul serio il partner. Comporta l’attenzione.

Il rispetto implica la stima. Se le persone si sentono stimate, si sentono onorate, riscoprono la propria dignità divina. Qualcuno ha detto: «Tratta tua moglie come se fosse un purosangue e non sarà mai una donna rozza». Amare qualcuno significa rivelargli la sua bellezza.

Il rispetto fa attenzione ai confini che l’altro vorrebbe fossero salvaguardati. Rispetta l’intimità della persona.

È spudorato chi utilizza l’impossibilità di difendersi di una persona, umiliando l’altro.

Nello stile odierno di vita il corpo viene considerato, valutato, curato e nello stesso tempo diventa sempre più un oggetto. Il corpo umano sta perdendo la propria sacralità originaria: viene ridotto a cosa, mercificato, manipolato, isolato dall’intelligenza e dagli affetti, ridotto a semplice elemento di esibizione. Divenuto strumento e feticcio, il corpo umano consuma la sua vera bellezza di dono e di simbolo del percorso dell’esistenza di ciascuno.

L’atteggiamento della tenerezza si manifesta in gesti di attenzione, in un rapporto delicato, in una carezza delicata, in un bacio delicato. È un amore che non fa insistenza, che non avanza pretese di possesso, un amore che lascia liberi, che stima, che ha sensibilità per il mistero dell’altro. È un avvicinarsi all’altro in maniera delicata.

Sii rispettoso e gentile. L’amore non ammette le cattive maniere.

6- AMARSI CONDIVIDENDO TUTTO: L’amore non cerca il suo interesse

Nell’Inno alla carità si precisa che l’amore non cerca il proprio vantaggio.

È un’affermazione evidente, ma Paolo giudica opportuno richiamarla. L’egoismo va sempre combattuto, giorno dopo giorno. È una mala-pianta, la gramigna che, se non estirpata, invade tutto il terreno del cuore. Chi ama è invece disinteressato. Non calcola i vantaggi, non pianifica i pro e i contro dell’avventura di coppia. Non ci si sposa perché per entrambi vi sono vantaggi materiali, ma perché ci si ama.

Chi ama è disposto alla condivisione (termine che significa dividere-con): una coppia è tale se ciascuno è disposto a condividere la sua vita con l’altro.

Possiamo sperimentare pienezza di vita solo se la condividiamo con il prossimo. E chi ci è più prossimo del nostro partner?

Con lui abbiamo scelto di condividere innanzitutto lo spazio nel quale co-abitiamo.

Con-dividiamo poi il tempo. È vero che ciascuno ha diritto ad avere del tempo per sé, ma chi ha tempo solo per sé prima o poi gli viene a noia. Antoine De Saint-Exupéry mette in bocca al Piccolo Principe un grande insegnamento, valido per tutti i tempi: «È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante… tu sei responsabile della tua rosa».

Vi è poi la con-divisione dei beni. Sempre Saint-Exupéry afferma che «il sapore del pane condiviso è ineguagliabile». Il lavoro, la situazione finanziaria di coppia non sono problemi secondari; dalla loro gestione può nascere una grande comunanza, come pure i più forti contrasti.

Ma la condivisione più grande è certamente quella delle emozioni e degli affetti. La nostra anima si protende al di là del nostro corpo; appartiene alla nostra essenza l’aprire ad altri la porta del nostro intimo e appassionarci con delicatezza alle situazioni altrui. Ed è così che un dolore condiviso è un dolore dimezzato e che una gioia condivisa è una gioia raddoppiata.

Questo stile di vita porta a non pensare più con le categorie dell’“io” o del “tu”, ma col “noi”.

La condivisione si fa poi servizio. Il termine greco usato da Paolo significa propriamente il servizio a mensa. Chi serve a mensa serve la vita, la nutre.

Ed è proprio questo il significato di servire: destare la vita, suscitare vita, favorire la vita nelle persone. E la vita non è solo cibo, vestito, vacanze, spese, regole… è fatta soprattutto di amore!

Non lasciare che i tuoi rapporti muoiano per negligenza.

7- AMARSI CON MITEZZA: L’amore non si adira

L’amore non si esaspera, non assume posizioni rigide ed intransigenti.

L’amore non aggredisce, non vuole dominare né sopraffare.

L’amore non si irrita inutilmente. San Paolo, da vero educatore, suggerisce di non far tramontare il sole sulla nostra ira, cioè di riconciliarci presto anche dopo un litigio o una parola offensiva, così da dormire sereni e in pace con tutti.

Il contrario dell’aggressività o della rabbia è la mitezza: la mansuetudine non si lascia infatti trascinare dagli impulsi, dall’ira e dal rancore. La mitezza non condanna. Affronta in modo positivo ogni cosa che esiste.

Chi è mite è tollerante. Tolleranza significa “portare, sopportare, portare un peso”. Il tollerante è sempre pronto a sorreggere e sopportare l’altro, anche quando la pensa diversamente da lui.

La convivenza prolungata non può essere un continuo idillio; nel camminare insieme non possono mancare diversità di opinioni e pure qualche litigio.

Quei coniugi che non bisticciano mai, per l’obbligo di recitare il copione di consorti perbene, rischiano molto; corrono il pericolo della «pentola a pressione», di esplodere cioè improvvisamente e violentemente.

Litigare è inevitabile. Il problema è saper ben litigare. Un bisticcio ogni tanto può essere salutare, a patto che non sia distruttivo e non provochi barriere insanabili. Le discussioni servono a togliere le proprie maschere e a scaricare la propria aggressività.

Attenzione alle parole-tritolo!

Vi sono parole che sembrano innocue e che, invece, innescano delle micce pericolose. Sono vere e proprie bombe a orologeria. Eccone alcune:

«In questa casa…»; «Figurati se…»; «Te lo avevo detto che…»; «Guarda che cosa mi ha fatto fare!»; «Io sbaglio sempre, decidi tu!»; «Fai pure di testa tua, io ti ho avvertito»…; «Sei sempre la solita!… Sei sempre il solito!»; «Qua devo pensare a tutto io»;«Te lo dico per l’ultima volta…»; «Nessuno ti ha chiesto niente!»…

Il decalogo del «buon litigio»

-                      Non vi arrabbiate mai contemporaneamente.

-                      Non alzate mai la voce, a meno che non ci sia un incendio in casa.

-                      Lasciate che sia l’altro a dire l’ultima parola.

-                      Se avete delle critiche da farvi, fatelo apertamente e con rispetto.

-                      Non rivangate mai il passato.

-                      Siate sempre disponibili l’uno verso l’altro.

-                      Non andare mai a dormire senza prima aver risolto i dissidi.

-                      Dite, almeno una volta al giorno, qualcosa di gentile al vostro compagno.

-                      Ammettete di aver sbagliato e chiedete scusa.

-                      Ricordate che per litigare bisogna essere in due.

Attento a come usi tempo e parole. Entrambi non possono essere recuperati.

Liberati dalle piccole seccature. E non preoccuparti se a volte sopporti difficilmente coloro che ti sono più vicini e più cari. Anche a loro capita la stessa cosa!

8- AMARSI CON INDULGENZA: L’amore non tiene conto del male ricevuto

L’amore non tiene conto del male. L’amore cristiano non chiude gli occhi davanti al male, qualunque forma questo possa assumere, ma non ne tiene conto, non si lascia determinare da esso. È tipico dell’amore di Dio che «fa alzare il sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). È l’amore di Gesù che prega per i suoi crocifissori (Lc 23,34).

Dal perdono gratuito e misericordioso di Dio nasce per il cristiano il perdono accordato ad un altro essere umano. San Paolo scrivendo ai Romani riassume questo atteggiamento costruttivo con una bellissima espressione: «Non farti vincere dal male, ma vinci il male col bene» (Rm 12,21).

Il perdono è tanto importante nel cristianesimo che la Chiesa ne ha fatto un sacramento: il Battesimo. Poiché esso non è ripetibile, viene prolungato in un altro sacramento, la Riconciliazione, manifestazione dell’amore di Dio lungo tutta la vita del credente.

Il cristiano non è un santo, ma un peccatore redento. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di persone che si sanno perdonate da Dio in Cristo Gesù. E questo vale anche per la “Chiesa domestica”, cioè la famiglia.

«Dato che nulla di ciò che intendiamo è mai perfetto e nulla di ciò che tentiamo è mai privo di errori, siamo salvati dal perdono».

Il perdono ci permette di continuare a valorizzare qualcuno anche se ci ha fatto del male, ci fa vedere il torto separato dalle persona che lo ha commesso.

Perdonare non significa però cancellare, divenire smemorati; equivale piuttosto ad amare l’altro così com’è, difetti compresi.

Significa poi spronarlo ad essere il meglio di ciò che è.

Non si perdona perché l’altro merita il perdono, ma perché solo perdonandolo può ricostruirsi; non perché è cambiato, ma perché il perdono può aiutarlo a mutare atteggiamento. Il perdono cristiano precede la conversione e non il contrario.

È un atto di libertà. Non può essere imposto. Non posso costringere un altro a perdonarmi, non posso dire: «Tu mi devi perdonare!».

Perdonare ma non dimenticare è come «seppellire l’ascia di guerra col manico fuori dal terreno»: pronta ad essere impugnata per la prossima battaglia. Se non si arriva al perdono, l’amore non è maturo, autentico e completo.

Non è facile perdonare. Non è un atto spontaneo. È un obiettivo da raggiungere.

Un antico saggio dava questo consiglio ad un giovane fidanzato: «Prima del matrimonio apri bene tutti e due gli occhi. Dopo il matrimonio chiudine spesso uno».

Quando ti accorgi di aver sbagliato impara a chiedere perdono. Fallo presto. «Non c’è il rischio che ti penta troppo presto, perché non sai quando sarà troppo tardi» (Thomas Fuller).

Bastano poche parole: «Mi dispiace» (il rammarico); «Ho sbagliato» (l’assunzione della propria responsabilità); «Cosa posso fare per rimediare?» (il tentativo di riparare); «Cercherò di non farlo più» (l’impegno sincero); «Puoi perdonarmi?» (la richiesta di perdono).

Tutto questo non cambierà il passato, ma dilaterà il vostro futuro di sposi. Non esiste infatti un momento più gratificante di quando una persona è perdonata o dona il perdono alla persona amata.

9- AMARE INSIEME ALTRI: L’amore non gode dell’ingiustizia

Nella Bibbia l’uomo giusto è la persona buona, che vive in accordo con Dio e i suoi comandamenti.

Giustizia è prima di tutto armonia di un ordine nel quale le cose hanno il loro posto e il loro valore. È la virtù che «dà a ciascuno ciò che è dovuto»: anche a Dio.

Giustizia e misericordia devono sempre andare a braccetto, per evitare il perfezionismo o il lassismo.

La coppia, se è sempre e solo concentrata su se stessa, scoppia. Chi egoisticamente guarda solo a se stesso e alla sua famiglia si isola e si preclude altre opportunità, si impoverisce e si inaridisce inevitabilmente. Il romanticismo dei “due cuori e una capanna” non può durare a lungo senza apertura all’esterno. La casa ha porte e finestre che vanno sì chiuse per preservare l’intimità, ma che vanno pure aperte per far entrare sia gli ospiti che l’aria pura.

Anthony De Mello ribadisce questo concetto con un breve racconto illuminante: «Una coppia di novelli sposi chiese al maestro di spiritualità: “Cosa dobbiamo fare perché il nostro amore duri?”. Rispose il maestro: “Amate insieme altre cose”.

Le possibilità di formare una “famiglia aperta” oggi, in una società globalizzata, sono infinite.

Scrive Jacques Salomé: «Non basta soltanto sapere se quello che vivi, fai o dici è bene per te o per me. Non basta soltanto sapere se quello che vivo, faccio o dico, è bene per me. Ci si dovrà domandare se è bene per la relazione, se questo la nutre, la costruisce o la maltratta e la minaccia».

Che il tuo partner ti aiuti ad amare gli altri fratelli, tutti gli uomini, specialmente i poveri, così come li ama Dio! Il Suo Amore è ben più grande del legame di affetto e di sangue. La Sua Famiglia è ben più grande della tua famiglia.

10- AMARSI CON ONESTÀ: L’amore si compiace della verità

Gli antichi greci abbinavano al termine verità quello di franchezza. Per loro era una conquista della democrazia. Significava libertà di parola, apertura, coraggio di dire ciò che uno pensa, comunicazione autentica. Senza la franchezza, i rapporti interpersonali rischiano di essere formali, convenzionali e opportunistici. Un dialogo ispirato dal cuore attratto dalla luce del vero è spesso ben diverso dallo stile della diplomazia!

La carità si compiace della verità, non approva mai comportamenti ingiusti, non li condivide e non li giustifica, non ride mai davanti alla cattiveria ma la contesta decisamente. Al contrario, la carità gioisce quando vede la rettitudine, l’onestà, la bontà verso il prossimo ed è capace di complimentarsi in modo cordiale e sincero.

La verità è collegata al discernimento, alla sincerità, alla franchezza, alla lealtà…

Per il cristiano la Verità è una persona: Gesù di Nazaret. Tutto quello che appartiene alla «verità», intesa nel senso di rettitudine che unisce e collega l’uomo con Dio, non potrà lasciarlo indifferente.

Un rapporto non può sopravvivere a lungo senza l’uso di un grande strumento: il dialogo a cuore aperto. La comunicazione sincera e profonda è un grande bisogno dell’animo umano.

Un noto insegnamento afferma che «ogni parola deve attraversare tre porte prima di essere pronunciata. “È vera?”, domanda il portinaio della prima porta. “È necessaria?”, domanda il guardiano della seconda. “È gentile?” indaga il guardiano della terza».

Veritiera è una persona armoniosa; essa trae alimento non dal calcolo, ma dalla sua trasparenza interiore. È genuina. Vive in armonia con se stessa.  Dice quello che pensa. Agisce come si sente nel suo cuore. Si presenta com’è.

La persona veritiera è anche sempre libera. Infatti, solamente la verità ci rende liberi.

La franchezza non significa tuttavia sfogare la propria rabbia, riversando sull’altro ciò che si è accumulato in noi, i nostri risentimenti.
CONCLUSIONE: L’amore è il segreto di tutto e non avrà mai fine, perché mai sapremo amare come Dio che “è” AMORE!

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