LA TERRA NELLA BIBBIA

La terra ha tre significati nella Bibbia, così come nella nostra lingua: 1) Terra come globo terrestre; 2) terra come Paese in cui si abita; 3) terra come terreno agricolo.

1) «In principio Dio creò il cielo e la terra»: la parola ebraica ’eres, «terra», è il quarto sostantivo più usato nell’Antico Testamento (2.504 volte). Poche righe dopo, si legge: «Dio chiamò l’asciutto terra (’eres), mentre chiamò mare la massa delle acque» (Genesi 1,10). Che la terra sia di Dio viene ripetuta a varie riprese: Dio è il <<Signore di tutta la terrea>> (Gios 3,11-13; Sal 97,5; Mi 4,13; Zac 4,14). Il Creatore ripete più volte: << Mia è tutta la terra>> (Es 19,5). Dunque la terra è di Dio e sua soltanto.

2) La Terra come Paese abitato dal popolo d’Israele inizia con la promessa  fatta dal Signore alle origini stesse del popolo ebraico col suo capostipite Abramo: «Il Signore disse ad Abramo: Esci dalla tua terra… verso la terra che io ti indicherò» (Genesi 12,1). E, come osserva la Lettera agli Ebrei, «per fede Abramo obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità…; per fede soggiornò nella terra promessa» (11,8-9). La storia di Israele è da quel momento legata a una terra amata e idealizzata, donata da Dio in modo solenne dopo l’esodo, tanto da entrare come articolo di fede nel Credo di Israele: «Vi diedi una terra che voi non avete lavorato e abitate in città che voi non avete costruito» (Giosuè 24,13). Ancora: «Il Signore tuo Dio sta per farti entrare in una terra fertile, terra di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna, terra di frumento, orzo, viti, fichi, melograni, terra di ulivi, olio e miele, terra dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla, terra dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai rame» (Deuteronomio 8,7-10). Questa celebrazione della terra di Canaan, assegnata in dono da Dio a Israele dopo l’esodo dall’Egitto, rivela la dimensione religiosa e ideale che il tema della «terra», in ebraico ’eres, assume nella teologia biblica. 

La terra è dunque anche la sede di un impegno che il popolo eletto deve assolvere, e questo accade non solo attraverso il lavoro da condurre nella porzione attribuita a ogni tribù dopo l’ingresso in quel territorio (e 16 questo vale per tutta l’umanità nei confronti della terra da «coltivare e custodire» secondo Genesi 2,15), ma anche attraverso la fedeltà al Signore. La ‘Terra promessa’ e i ‘Comandamenti’ sono i due pilastri del popolo eletto. È per questo che la terra può essere contaminata dai culti idolatrici e, quindi, viene alienata a Israele dal Signore.

Così, nel 586 a.C., distrutta Gerusalemme dalle armate di Nabucodonosor, il popolo ebraico si avvierà verso l’esilio babilonese e, compiuta l’ideale purificazione, ritornerà nella terra dei padri con una marcia che un profeta del VI sec. a.C., il cosiddetto Secondo Isaia (cc. 40-55), esalterà come un nuovo esodo liberatore. In questa luce la terra di Canaan, così denominata dal nome degli abitatori indigeni, o Palestina (cioè Filistea, da una popolazione anticamente qui insediata), o «Israele» o «la Terra» per eccellenza, come la definisce l’Antico Testamento, diverrà la «Terra santa», soprattutto nella tradizione cristiana, sulla scia del Libro della Sapienza che usa appunto questa locuzione (12,3).

Si configura, così, progressivamente un simbolo per evocare non più uno spazio geografico ma un orizzonte perfetto, simile alla Gerusalemme nuova e celeste cantata dall’Apocalisse. È ancora la Lettera agli Ebrei a offrirci in questa linea un’ampia meditazione (3,7-4,11) definendo la terra attesa e definitiva come il «riposo» pieno e perfetto dei giusti. Si comprende, allora, la beatitudine che Gesù pronuncia: «Beati i miti perché erediteranno la terra» (Matteo 5,5). Ormai non è più di scena una regione spaziale ma un nuovo orizzonte di vita e di comunione con Dio. Ed è in questa prospettiva che si può rileggere il Salmo 37: «Confida nel Signore e fa’ il bene e abiterai la terra… Chi spera nel Signore possederà la terra… I miti possederanno la terra» (vv. 3.9.11)

3) La terra è anche il terreno agricolo, il campo/podere acquistato e coltivato. Anche su questo aspetto la Bibbia ha tanto da dire. L’anno sabbatico previsto dal Levitico, consistenza nel dare ogni sette anni un ‘riposo’ alla terra. Poi ogni cinquant’anni, l’anno del Giubileo prevedeva una redistribuzione dei terreni che per qualche motivo avevano cambiato proprietario (Le 25,12). Era una norma che infrangeva l’ingiustizia sociale che faceva (e fa) più ricchi i ricchi e più poveri i poveri. Il messaggio è chiaro: profana la terra chi la utilizza per l’ineguaglianza sociale, poiché infrangeva quella solidarietà che il Signore desidera per i suoi figli. Su questa tematica tanti sono i passi biblici. Basti citare il racconto del povero Nabot assassinato dal re Acab per impadronirsi della sua vigna (1Re, 21,1-28). Inquietante sono alcune parabole di Gesù, come ad esempio quella del ricco stolto (Lc 12, 13-21, o quella dei lavoratori a giornata (Mt 20,1-16). Innumerevoli sono poi i detti di Gesù che riguardano la terra, i campi, i contadini, il seminatore (mt 13, 1-23), la vigna, i prodotti dei campi.

I primi seguaci di Gesù iniziano un nuovo stile di vita, basato sulla fraternità: <<Nessuno tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai pedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno>> (At 4, 34-35). Si tratta di una comunità-modello per tutti i tempi.

 

DOROTY STANG – PRIMA MARTIRE DEL CREATO

Dorothy Stang, conosciuta da tutti come Irmã Dorote è stata una religiosa e missionaria brasiliana di origine statunitense, appartenente alla congregazione delle Suore di Nostra Signora di Namur. Fu assassinata nel 2005 nella città di Anapu, nel Pará brasiliano, come rappresaglia per le sue ripetute proteste contro le aziende responsabili della deforestazione e delle cattive condizioni di vita dei lavoratori della Foresta Amazzonica.

Da sempre schierata a favore dei più poveri, per la difesa dei diritti dei lavoratori e contro i crimini ambientali, suor Dorothy si inserisce a pieno titolo nel fermento culturale e sociale che affonda le sue radici nella Teologia della Liberazione e nel fervente impegno sociale che seguì la Conferenza dei Vescovi dell’America Latina nel 1968 a Medellin.

Suor Dorothy, che prese con forza posizione contro i latifondisti e il loro atteggiamento aggressivo, sosteneva l’idea di una Chiesa che fosse vice profetica di giustizia sociale. Lottò per difendere la foresta amazzonica dalla fame di soldi dei latifondisti, dove tutto si trasforma in distruzione, rapina e morte. E’ stata assassinata mentre alzava la Bibbia: era l’unica sua arma. La sua lotta è diventata lotta per la salvaguardia del creato.

 

DALLA LAUDATO SI’

‘Nostra sorella Terra’ protesta perché si sente ‘oppressa e devastata’. Questo grido è ‘una sfida urgente per proteggere la nostra casa comune’. È un appello ‘a cercare uno sviluppo sostenibile e integrale’ (LS 13)

Papa Francesco rivisitando il concetto propone una 'ecologia integrale', che significa ecologia ambientale, economica, sociale, culturale e della vita quotidiana, rendendola un'ecologia umana (LS 138-155).

I sette obiettivi della Laudato ci sfidano a vivere l'ecologia integrale secondo lo spirito dell'enciclica e ci spingono a riflettere su come agiamo in risposta al grido della Terra guidati da una vera spiritualità cristiana. La maggior parte dei cristiani sono disposti a fare poco sforzo per prendersi cura della terra, anche in questo momento critico.

La nostra casa comune è la casa di Dio, perché permeata dallo Spirito di Dio fin dall'alba della creazione, perché è qui che il Figlio di Dio ha piantato la sua tenda nell'evento supremo dell'incarnazione. È in questa casa comune che Dio convive con l'umanità e Dio ce l'ha affidata come amministratori ( capitolo 2 della Genesi e capitolo 2 della Laudato Sì).

Questa casa comune a noi e a Dio oggi è spogliata e profanata. La crisi ecologica contemporanea, infatti, mette a nudo proprio la nostra incapacità di percepire il mondo fisico come impregnato di presenza divina. Abbiamo scambiato l'alta visione del mondo fisico che è la dimora di Dio, santificata dall'incarnazione di Suo Figlio, con la prospettiva meccanicistica unidimensionale della modernità. Di conseguenza, abbiamo ridotto il mondo fisico a un mero magazzino di risorse per il consumo umano, a un insieme di beni materiali per la speculazione di mercato. Abbiamo trasformato questa sacra dimora in un mercato.

 

 

 

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