Le foto della Veglia Sacerdotale del 6 ottobre
Le foto della Celebrazione Giubilare di Domenica 11 ottobre
Domenica 11 Ottobre 2009
OMELIA DI DON FELICE PER IL CINQUANTESIMO DI SACERDOZIO
In questi giorni, rivedendo preziosi ricordi di cinquant’anni fa, mi sono soffermato su una pagina del mio diario spirituale di allora che tengo gelosamente custodito e su cui avevo scritto in grande: Oggi 11 ottobre 1959 alle ore 10.45 per me è iniziata l’Eternità! Avrei dovuto dire che è ricominciata: perché l’inizio dell’eternità con Dio evidentemente è stabilito dal Battesimo, per tutti… Ma, come annunciava il canto che mi ha accolto “Tu es sacerdos” ispirato al Salmo ed alla Lettera agli Ebrei, in quel giorno ed in quell’ora mi son sentito Sacerdote per l’eternità.
La mia Eternità sacerdotale dunque compie oggi solo… 50 anni (cosa sono 50 anni a confronto dell’eternità? …come si usa dire). E’ per me un anno giubilare, ed i tempi dei Giubilei li ha scanditi il Signore nella Bibbia, come per dire “fermiamoci un poco ogni cinquant’anni per ripartire meglio”. Dunque, se oggi celebriamo un traguardo importante, celebriamo pure, Dio lo voglia, una ripartenza gioiosa: preferisco guardare avanti, per quel poco o tanto che mi resterà, più che celebrare il passato.
Le premesse ci sono. Mio papà a 90 anni diceva “sono pronto per partire, però visto che il Paradiso dura per sempre, potrei anche farmi aspettare un poco: che grande figura quella mio padre Pietro, che fin dal primo giorno della mia vita ha voluto, con uno stratagemma, impormi (è il caso di dirlo) il nome di Felice, anziché Renato, come la maggioranza della famiglia avrebbe voluto. Il nostro Vescovo che ringrazio tanto per la sua amorevole predilezione nei suoi saluti mi ha augurato altri 50 anni di vita pastorale; il Papa di persona, infine, mi ha detto che sono ancora molto “ciofane”… Non mi resta dunque che crederci e ripartire con voi verso la bella avventura del Regno di Dio sulla terra, fino a quando il Signore lo vorrà.
Già. “Sia fatta la volontà di Dio” ripeteva spesso mia mamma, specie nei momenti duri della sua vita: e sono stati tanti. Anche quando gli ho detto che volevo entrare in Seminario come mio fratello Celeste pure lui in seminario: non che lei si opponesse, anzi… ma temeva di non farcela economicamente. Come quando ha intuito che volevo andare missionario, sogno mai realizzato a motivo della salute della vista: “Sia fatto come il Signore vuole!”. Che bello per me oggi ricordare il papà e la mamma, che mi hanno dato con la vita, l’uno la serenità e l’ottimismo, l’altra la laboriosità e la fiducia in Dio. Ma andiamo avanti…
La Parola di Dio proclamata oggi mi dà molto conforto. Anch’io come Salomone nella prima lettura imploro spesso da Dio Prudenza e Sapienza, perché so che da esse mi vengono tutti i beni e nelle loro mani c’è una ricchezza incalcolabile: perché allora non le implorate spesso anche voi, perché non pregate di più?. E che ne dite poi della seconda lettura, uno dei passi più celebri della Lettera agli Ebrei sul Sacerdozio di Gesù. “Nessuno si attribuisca questo onore, se non chiamato da Dio”. Anch’io nell’adolescenza per un attimo ho avuto paura di andare avanti; ma con l’aiuto di Dio e delle mie guide spirituali ho ridetto un SI più cosciente di quello detto a 11 anni.
Ma è soprattutto nel Vangelo di oggi che mi sento rispecchiare. L’incontro di Gesù col giovane ricco: io non sono più giovane e non sono mai stato ricco; ma un giorno anch’io ho incontrato il suo sguardo ed ho sentito il suo amore di predilezione (“fissandomi negli occhi, mi amò”); allora io gli ho detto “ti seguo”. Solo più tardi ho capito perché la mia maestra Eva Zanangeli, deceduta da poco, in tacito accordo con il mio vecchio parroco Don Pietro Maria Botti - quello che mi ha battezzato - nel giorno della mia Cresima e Prima Comunione mi hanno fatto dire al Vescovo Mario Vianello la “poesia”, come si diceva allora, che iniziava così: “Eccellenza, anch’io voglio essere un piccolo Samuele”. Non sapevo quel che dicevo, ma undici anni sono entrato in Seminario già con le idee ben chiare (si fa per dire) e conscio di lasciare ogni prospettiva di carriera umana. Non ero ricco e quindi non potevo lasciare ciò che avevo per darlo ai poveri; ma divenuto prete, tutto quello che è passato per le mie mani l’ho dato ai poveri specie a quelli dei paesi più bisognosi e ho investito le molte elargizioni che la Provvidenza ha fatto passare dalle mie mani, in opere e strutture pastorali della Chiesa, a disposizione di tutti. Non ho mai chiesto a Gesù come ha fatto Pietro, quale ricompensa mi avrebbe dato, perché da sempre ho esperimentato la sua promessa: “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per la causa mia e del Vangelo, che non riceva gia ora in questo tempo, il centuplo in case e fratelli e sorelle e padri e madri e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà!”
E di questo voi ne siete i testimoni ed insieme i protagonisti. Qui davanti ho solo le belle e compatte famiglie dei miei tanti nipoti. Della mia famiglia non ho più nessuno se non la cara Pierina che ieri ha compiuto serenamente 88 anni ed è sempre coccolata dalle Suore del Verbo di Salsomaggiore. La mia vera famiglia siete voi, parrocchiani e amici, voi siete il centuplo promesso da Gesù che ha detto “mia madre ed i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”; la mia casa ed i miei campi sono questa chiesa e tutte le sue strutture compresa la casa di preghiera di Siccomonte, il parco e tutte le sue piante, le Missioni in India, in Togo, ed ora anche in Venezuela: sono mie, ma non mi appartengono. Miei sono i circa 2500 bambini delle Missioni indiane, i 150 ex lebbrosi della Città Celeste, ed i tanti missionari e missionarie che in questo preciso momento hanno pregato per me e che in questo momento sono in festa con Padre Matteo e Madre Maria, i quali con un’irrisoria offerta stanno offrendo loro un grande pranzo! Questo è il mio centuplo. Questo avvenimento, insieme al dono inatteso del colloquio personale col Santo Padre sono i ricordi più belli del mio cinquantesimo
Certo che assieme al centuplo nella vita di un consacrato ci sono anche persecuzioni: malattie, incomprensioni, delusioni, scoraggiamenti, a volte anche calunnie cattive… Ma queste cose fan parte anche delle sofferenze che ogni famiglia normale affronta. Da parte mia le ho provate tutte: meno che la solitudine, questa mai, perché la mia vita à sempre stata piena di amici veri e di cordialità sincera anche da parte di persone che non sono purtroppo vicini alla Chiesa e qualche volta neanche al suo Sposo Gesù: ci accomunava e ci accomuna ancora non tanto la simpatia, ma la stima vicendevole. Io voglio bene a tutti, veramente a tutti, non ricordo più se qualcuno mi avesse fatto del male, in ogni caso ho sempre perdonato a tutti e chiedo perdono pubblicamente se io avessi fatto soffrire qualcuno od avessi qualche volta dato motivo di scandalo, cioè di ostacolo nella fede.
Ma oggi non siamo qui celebrare la mia persona, ma perché voglio dire insieme a voi solo Grazie a Dio del dono del Sacerdozio, lo diciamo anche per l’anno Sacerdotale che stiamo celebrando nel 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, patrono dei parroci e di tutti i preti. Proprio lui, umile prete di campagna, ha detto che senza il Sacerdote Cristo non può essere presente in mezzo a noi, con la sua Eucaristia, con il suo Perdono, con la sua Consolazione e Accoglienza. Non importa se il prete vi è simpatico o meno, se è preparato o meno, se è bello o se è brutto, se è importante o umile… Ciò che importa è che sia stato consacrato Sacerdote dallo Spirito Santo, per guidare il gregge a lui affidato.
Queste celebrazioni che mi state facendo, le ho accettate volentieri, senza false umiltà, ma solo alla condizione che non celebriate una persona ma una delle più belle istituzioni di Cristo: il dono insostituibile del Sacerdozio. Da parte mia vorrei dare il tono della festa gioiosa a queste celebrazioni perché a tutti, specie ai giovani, arrivi il messaggio che è troppo bello essere preti! E’ troppo bello donare la propria vita per gli altri, avere l’impegno di fare da padre ad una famiglia che ti dà sì il centuplo delle preoccupazioni come per un padre di famiglia comune del resto, ma anche il centuplo delle gratificazioni. Per me, lo confesso, il rapporto è di 10 a 90 a favore delle soddisfazioni. Nella mia vita di prete ho avuto il dono di avviare al Seminario prima Don Enrico Tincati, un vero sacerdote profeta, deceduto pochi anni fa e poi Don Stefano Bianchi, qui presente e che tutti conoscete. Ma anche due ragazze di San Michele, quand’ero Vice parroco in quella sempre a me cara comunità, si sono fatte suore missionarie: Franca Davighi e Luigia Bonatti. Ma quanto desidererei prima di morire vedere qualche giovane o ragazza della comunità consacrarsi a Dio. Per questo sogno prego ogni giorno.
Forse io sono troppo fortunato, troppo Felice, ma anche cosciente delle difficoltà e delle prove che ancora mi aspettano: se no, come spiegare la promessa di Gesù del “centuplo, insieme alle persecuzioni”? Ciò non mi spaventa perché sono sempre certo dell’aiuto di Dio, delle vostre preghiere e del vostro amore.
Per questo ancor oggi voglio ripetere col salmo da me preferito “Che cosa renderò al Signore per tutto quello che mi ha dato? Prenderò e innalzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore”. E quando si dice Calice si intende anche sofferenza. In 50 anni ho celebrato circa 20.000 Messe. Ci pensate quali doni incalcolabile anche con i tantissimi Battesimi e Assoluzioni ed il Ministero della consolazione? Vi confido che nel giorno dell’ordinazione, come mi hanno insegnato e come potete leggere nel discorso di Monsignor Tonini in appendice all’opuscolo, ho chiesto al Signore alcune grazie, quasi tutte si sono state esaudite, le altre ci penserà il Signore: ve ne confido solo due che vi riguardano: una è quella di avere il dono dell’efficacia nello spiegare la Parola di Dio; la seconda di donarmi molti collaboratori laici nella vita pastorale (per quei tempi era solo un sogno): lascio a voi giudicare se il Signore mi ha ascoltato.
E vorrò anche innalzare quel Magnificat che il mio Confessore di allora, Monsignor Tonini, oggi cardinale, mi suggerì di cantare e ricantare in quel giorno benedetto di 50 anni fa... Per questo ho voluto che fosse scritto anche sul ricordino che vi sarà consegnato, perchè anche voi vi uniate al mio canto, anzi al canto di Maria.
Maria, nella cui festa di Madre di Dio qual’era allora, ha sempre accompagnato e protetto teneramente il mio cammino. Mia Mamma Rosa mi ha insegnato la devozione alla Madonna, con rosario serale in famiglia, con i pellegrinaggi a piedi a Montemanulo e Fontanellato fin da bambino, con la sua devozione alla Vergine Ausiliatrice di Don Bosco di cui era devotissima e dalla quale era certa di essere stata visitata e guarita durante un coma che dicevano irreversibile (avevo 4 anni, ma mi ricordo bene). Per questo vi invito dopo questa mia povera omelia, fatta però col cuore in mano, di affidarvi anche voi con me alla Madre celeste nell’ascolto di un brano immortale di musica celestiale. Dico ancora “Solo Grazie”. Vi voglio bene!!!